lunedì 22 gennaio 2024

Il problema del pensare, il potere del silenzio

 "Poco per volta ci renderemo effettivamente conto che non è affatto necessario riflettere: tutto il necessario viene fatto da QUALCOSA al di là o al di sopra di noi, con una precisione e una infallibilità crescenti, a mano a mano che ci abituiamo a riferirci a questo Qualcosa. Ci rendiamo conto allora che non è necessario ricordarsi, perché l'indicazione precisa arriva proprio all'istante voluto; che non è necessario preparare le azioni, perché una molla segreta le mette in moto senza che lo decidiamo o che ci pensiamo, facendoci fare esattamente quel che bisogna fare, con una saggezza e una preveggenza di cui la nostra mente così miope non è capace. E vedremo che più obbediremo a queste intimazioni inaspettate, a questi fulminei suggerimenti, più questi diventeranno chiari, frequenti, imperiosi, abituali, come una specie di funzione intuitiva, con la differenza però che mentre le nostre intuizioni sono sempre inquinate e deformate dalla mente la quale d'altronde tende a imitarle e ad imporci le sue ubbie come rivelazioni), qui in- vece la trasmissione sarà limpida, silenziosa, corretta, per la buona ragione che la mente è diventata muta.Tutti abbiamo avuto esperienza di certi problemi che si risolvono misteriosamente ente da soli nel sonno, cioè quando la macchina pensante si ferma."

(Satprem, Sri Aurobindo l'avventura della coscienza)

L'identificazione con il pensiero e la sua attività è un grosso e difficilmente superabile ostacolo alla propria crescita. Puntualmente ci ricadiamo ogni qual volta ci facciamo piccoli nell'aderire a un pensiero qualsiasi esso sia. E diciamolo chiaramente. Quasi ogni principio spirituale cui abbiamo aderito spesso rimane a livello di pensiero, quasi ogni concetto che diciamo di conoscere è rimasto 'mentale'. Non che il mentale sia sbagliato, o inutile come qualcuno vorrebbe farci credere. Ma ha i suoi limiti e il suo campo d'azione. Molta mia spiritualità è stata mentale fin quando non ho imparato a rallentare prima e sospendere poi (almeno parzialmente, in alcuni momenti) l'attività stessa della mente. E non è che sono un campione del mondo, a volte la mente mi trascina ancora. Ma ho imparato ad averci a che fare e a dirle di tacere, e molto spesso dopo anni di lavoro riesco a farlo con grande soddisfazione poiché da quei lunghi silenzi ho imparato esattamente ciò che è riportato nella citazione summenzionata. C'è un potere nel silenzio. C'è un'enorme potenziale non solo nello starsi zitti e nell'osservare passivamente il chiacchiericcio mentale, ma anche nel non parlare quando vorresti, nel frenare quegli impulsi che ti arrivano da chissà dove quando credi di avere la verità in tasca. E purtroppo questo è un mondo ove chiunque sente di dover dire la sua, di doverti comunicare a prescindere la sua opinione. Ho appreso a mie spese che la mia opinione non è mai richiesta, anche se sento di doverla dire. Quando aderisco totalmente a un impulso che mi dice che io ho la verità in tasca e devo dirla, cado in quel restringimento della coscienza che non è altro che identificazione, ego, e mio malgrado noto che questo è un trend molto comune per lo spiritualista che si approccia magari per la prima volta a queste oscure materie. Si parla spesso di amore, di anima, di spirito. Si parla e si pensano questi concetti come se il mentale ne avesse davvero afferrato il senso. E in quel parlare e pensare questi concetti si sente (perché il sentire è sempre la chiave), tutta la disperazione di un ego che non ha armi di fronte al vuoto della non conoscenza , non ha altre armi che non siano l'arrangiare e il giustapporre concetti uno appresso all'altro di modo che scimmiottino una qualche narrazione spirituale. Così ci sembra di sedare quell'ansia, quel vuoto che viene da fatto che IO non so. Non conosco. Quando mi trovai di fronte a questo, anni fa, sentii di essere stato sconfitto, avevo dentro tante belle parole ma poca o nessuna esperienza diretta di cose come anima e spirito. E decisi di andare in cerca delle esperienze reali. Se prendiamo questa decisione, è bene ribadirlo, c'è bisogno di tanta pazienza, di rimboccarsi le maniche e di cominciare a lasciar andare ogni singolo pensiero rispetto ai temi tanto cari della spiritualità. Come dicevamo proprio ieri durante il laboratorio avanzato di presenza, uno dei metodi principali è il rilascio dei pensieri che vince la mente per sfinimento. Per ogni pensiero, per ogni narrazione, buona bella o brutta guardiamo ciò che la mente fa e diciamole: 'posso lasciar andare questo pensiero ed essere pace anziché questo?'. Facciamolo ogni volta che sorge un pensiero negativo certo ma anche per i positivi. Lasciamo andare ogni cosa fin quando la mente non si stanca di sollevare narrazioni. A quel punto staremo in quel vuoto, in quel silenzio e inizierà a parlare qualcos'altro quel qualcos'altro che porta l'esperienza diretta, le soluzioni, le guarigioni. Scopriremo col tempo un altro fatto sconvolgente, e utile. Nel momento in cui azzittiamo la mente per la prima volta da dentro quel campo di silenzio possiamo notare, al suo esterno un movimento di forme pensiero che cercano di entrare. Noteremo che i pensieri vengono da lontano, da fuori, come diceva lo stesso Sri Aurobindo. E Scopriremo qualcosa che era noto anche a Jung, qualcosa che scoprì parlando con le sue guide:

Diceva che mi comportavo con i pensieri come se fossi io a produrli, mentre, secondo lui, i pensieri erano dotati di vita autonoma, come animali nella foresta, o uomini in una stanza, o uccelli nell’aria: “

La domanda da farci è sempre la stessa. Se noi non siamo i nostri pensieri allora cosa siamo? Lo potrete scoprire solo esperienzialmente, facendo tacere la vostra mente e scoprendo cosa c'è al di la di tutte le vostre narrazioni spirituali.